IL PUNTO DI VISTA DEL TOPO (1986-1992)
Si può guardare ad un territorio come ad un insieme di cose più o meno diverse, più o meno inanimate. Ma si può anche vederlo come una trama di possibili rapporti. Una fotografia è il risultato del tipo di relazione che si instaura tra l’osservatore e l’evento osservato. Anche se gli elementi che costituiscono un territorio preesistente all’arrivo del fotografo, e paiono talora non chiamarlo minimamente in causa, la possibilità di una relazione sensibile tra il fotografo ed il suo soggetto esiste sempre. Ciò si verifica solo se «la cosa» diviene evento: cioè quando accade dentro l’esistere del fotografo. È questo che fa la differenza. È la stessa differenza che c’è tra un passaggio impermeabilizzato in mezzo alle cose ed il mettersi effettivamente in viaggio assumendone percorsi ed accidentalità per esperire la realtà.
Uno spaccato di territorio dovrebbe essere realmente percorso e osservato e anche ascoltato: insomma, in qualche modo, vissuto. Se il taglio della ricerca si sofferma solo su quegli elementi grandiosi che sono di comprovata fotogenia o, all’opposto, su quelli «minimi» oggi spesso ricorrenti, tutto il resto viene ridotto a terre perse o comunque terre inutili per la fotografia.